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…..un ottimo Emanuele D’Aguanno, a suo agio nelle vesti di Arturo sia dal punto di vista scenico che da quello vocale grazie ad una particolare attenzione al fraseggio e alle dinamiche. Dolcissimo è stato il suo attacco del cantabile del duetto con Alaide del primo atto, Ah! Se tu vuoi fuggire, mentre ha dispiegato il suo interessante mezzo vocale nei passi eroici come quello del duello attraverso un’emissione curata.
Riccardo Viagrande
CONNESSIALLOPERA.IT
A Emanuele D’Aguanno spetta il compito di dimostrare quanto la scrittura di Arturo – scritto per Domenico Reina, tenore certo meno importante del mitico Rubini – non sia affatto facile o di minor rilievo. L’assenza di arie solistiche, infatti, si rivela il frutto di una precisa scelta drammaturgica, che ne fa un eroe inquieto e irrequieto, volubile e angosciato. Il timbro adamantino e il fraseggio esemplare, unito a un invidiabile physique du rôle, permettono al tenore di cogliere l’importanza strategica dell’arioso – a partire dalla nostalgica malìa del primo, «Eri tu dunque un tempo» – che diventa dimensione privilegiata per esprimere la modernità sperimentale della Straniera. D’Aguanno imprime dolcezza e rimpianto alla mirabile mezza voce del Cantabile «Ah! se tu vuoi fuggir», enunciato a fior di labbra; furore ed empito cavalleresco negli accenti della singolar tenzone, che esplode nel Finale primo; disperazione e speranza nel Duetto con il baritono. Possiede, insomma, tutta la foga, ma anche tutto il composto ritegno di chi, sfuggito dalle maglie del canto fiorito rossiniano, si affaccia sul ciglio dell’incipiente stagione romantica.
Giuseppe Montemagno
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L’Arturo del tenore Emanuele D’Aguanno, virilmente passionale, potente, romantico e drammatico nell’ardore del proprio sentimento, è stato protagonista di una prova davvero valida e autorevole tecnicamente, con un’emissione fluida.
Marco Fallanca
Il tenore Emanuele D’Aguanno, al debutto nel ruolo di Arturo, alle prese pure con l’acqua che ha saputo gestire con abilità scenica, ha dispiegato una voce dall’emissione fluida, dotata di un bel legato e di facilità ai sovracuti. Anch’egli ha avuto un bel da fare per far funzionare i duetti, dove l’evidente carenza di prove di cui sopra ha avuto il proprio peso specifico alquanto elevato, ma, in conclusione, se l’è cavata egregiamente, dando di Arturo una versione credibile e sentita, oltreché coraggiosa, nella quale ha anche dato prova di professionalità e di carattere.
Natalia Di Bartolo
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Emanuele D’Aguanno (Arturo) ha cantato in modo corretto e consono alla tipologia del personaggio, riuscendo a metterne in campo le specificità appassionate e romantiche.
Giovanni Pasqualino
SUDPRESS.IT
Altro protagonista della serata è stato il capace e puntuale tenore Emanuele D’Aguanno. Il ruolo di Arturo, sottovalutato, perché spesso lo si confronta con Pollione, Elvino o con l’altro Arturo, quello dei Puritani, è tutt’altro che semplice e richiede perizia equilibrio e uniformità di voce. Una linea di canto elegante, accompagnata a una voce chiara e dei bei centri e, ciliegina sulla torta, facilità nei sovracuti, hanno consentito al D’Aguanno di affrontare con agio il ruolo che fu di Reina prima e del grande Rubini successivamente. Bravo davvero.
Daniele Vanni
OPERACLICK.COM
Al suo fianco Emanuele D’Aguanno ha dato vita alla figura di Arturo nel ruolo tenorile che, in questa prima versione, è privo di arie e viene risolto in duetti e pezzi d’insieme che necessitano di un peso vocale probabilmente maggiore rispetto a quello mostrato, ma che può contare comunque sulla baldanza di un autentico timbro tenorile.
Caterina De Simone
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Indenne da influenze e mali di stagione è passato, ed assai bene, il giovane tenore comasco Emanuele D’Aguanno, che ha dimostrato una sostanziale tenuta dell’impervio ruolo tenorile di Arturo, sfoggiando anche sovracuti e, soprattutto, una vena sentimentale amorosa seducente e cadenzata da un canto appassionato, ma nel contempo gagliardo e battagliero nelle impennate di sfida a Valdeburgo e nella disperazione. Grato il colore vocale che possiede toni virili e schietti, pur nella suadenza dell’emissione.
Andrea Merli